IL MAGICO MONDO DELLA MINISTRA AZZOLINA
Partiamo da un presupposto e sgombriamo il campo da equivoci:
la DAD non è il massimo, i docenti non sono tutti tecnofanatici, la scuola è
relazione e senza socializzare i ragazzi non crescono bene.
Però c’è il covid-19, un virus che stando ai dati della
Protezione civile miete vittime e fa registrare ogni giorno migliaia di contagiati:
alcuni finiscono in ospedale, altri sono asintomatici, ma possono diffondere il
virus.
Il Presidente del Consiglio emana disposizioni restrittive
per arginare l’epidemia, decreta la dolorosa chiusura di attività, i Presidenti
delle Regioni - con De Luca capofila sostenuto dal parere favorevole del TAR Campania
– ribadiscono che le scuole sono focolai di contagi, evidenziano la necessità
di ricorrere alla DAD. E invece la Ministra dell’Istruzione dice NO, perché dal suo punto di vista i contagi sono pochi e perciò i ragazzi devono andare a scuola in
presenza “e ci devono rimanere”, aggiunge con tono determinato da facebook e twitter. Che poi la stampa si affanni a precisare le reali e non
così esigue cifre dei contagi nelle scuole di tutte le regioni, smentendo le granitiche certezze del Ministero dell’Istruzione, è una cosa su cui Azzolina
preferisce glissare.
Le ultime disposizioni di legge emanate da Conte – considerata,
tra l’altro, la difficoltà dei tracciamenti da parte delle ASL in rapporto a un
numero sempre crescente di contagiati da assistere e di test da eseguire - prevedono
che le mascherine vengano indossate all’aperto e a maggior ragione al chiuso,
per ovvi motivi. Insomma, i luoghi chiusi soprattutto se affollati sono rischiosi.
Tutti. E invece, nel magico e fatato mondo della Ministra Azzolina, le classi
no, le classi fanno eccezione: in un’aula scolastica (e le conosciamo tutti le
fatiscenti, anguste aule degli istituti italiani) gli alunni possono stare seduti
senza mascherina, possono parlare dal loro banco senza mascherina, quindi possono
tossire e starnutire senza mascherina. Lo dicono le linee-guida e le note del
MI che i dirigenti scolastici applicano con zelo da scolaretti. Per non parlare dei distanziamenti:
un metro tra “rime buccali” in posizione statica. Pura fantasia: i ragazzi si muovono,
si girano verso i compagni, prendono panini e libri dagli zaini, si tolgono e
si mettono felpe, esultano se sono felici, vivono. Il metro statico è
un’astrazione. Non c’è. Salta, nella vita reale.
E la DAD? Il Ministero a trazione 5stelle, un movimento generato dai voti ottenuti nel mondo digitale, attraverso
selezioni virtuali, sviluppatosi su una piattaforma, cresciuto a colpi di
algoritmi, ebbene, questo ministero, indiretta emanazione del web, ora che fa?
Rifiuta la DAD. E perché? Non ci sono motivi concreti (la socialità è un
argomento retorico in tempi di pandemia: se c’è un’emergenza, bisogna
sacrificare qualcosa, i cittadini un po’ di libertà, gli studenti la
socialità), se non l’esigenza - certo, legittima, ma non condivisibile - di accontentare una porzione di elettorato che acriticamente inneggia alla didattica in presenza. E strategicamente, populisticamente, va assecondato. Insomma, una partita politica mentre il virus incalza.
E invece forse ora solo la DAD potrebbe garantire il diritto
all’istruzione e fare della scuola ancora un presidio di cultura, visto che in
presenza, nelle aule, i docenti non riescono più a lavorare degnamente: svolgono
mansioni di vigilanza sanitaria, ricordano agli studenti le norme igieniche,
controllano che alzandosi dalle sedie (almeno allora!) i ragazzi indossino le
mascherine, si igienizzino le mani se devono mangiare, mantengano il
distanziamento necessario nei cambi dell’ora (quando, cioè, per esigenze
fisiche hanno bisogno di alzarsi), firmino i fogli per i tracciamenti se escono
per raggiungere il bagno, si dirigano, al termine delle lezioni, verso le
uscite predisposte dalla scuola, ed entrino, al mattino, con precisione agli
orari stabiliti per il contingentamento degli ingressi. Non resta tempo per una
lezione serena, dialogata, partecipata. Questa non è scuola, è sequestro di
persona. Vivere con il terrore dei contagi, alimentato da una stampa
particolarmente ansiogena, da virologi assurti a starlette, da
quotidiani bollettini di contagiati, non consente di educare, formare,
incoraggiare i giovani.
E, soprattutto, sembra incredibile che una
ministra, non se ne renda conto, decida arbitrariamente e contro il parere di
gente esperta, sulle sorti di docenti, studenti e personale ATA, prigionieri di
decisori imprudenti che anacronisticamente pensano di poter esercitare lo ius
vitae necisque sulle persone.
Certo, qualora si tornasse alla DAD, qualcuno si porrà il
problema degli interessi economici che ruotano intorno alle piattaforme
didattiche a pagamento. Sì, è vero, la faccenda è
spinosa, riguarda la dipendenza sempre più massiccia della scuola da colossi
capitalistici. Ma, per ora, è questione di priorità. Primum vivere, deinde
philosophari.
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