Il nuovo Esame di Stato. Riflessioni sulla prima prova
Il nuovo Esame di Stato pone tutti noi – docenti e studenti – di fronte a un interrogativo: i burocrati del Miur che cosa hanno inteso modificare?
In particolare la riflessione sulla prima prova scritta fa emergere varie perplessità.
In particolare la riflessione sulla prima prova scritta fa emergere varie perplessità.
La prova Italiano si articolerà in varie opzioni riconducibili sostanzialmente a tre tipologie: analisi del testo letterario (tipologia A), analisi del testo argomentativo (tipologia B), tema di ordine generale su argomenti di attualità (tipologia C).vincolata: se non viene svolta adeguatamente la prima parte (l’analisi del testo), ne risulta inficiata comunque la valutazione globale del lavoro, anche se il commento è condotto dal candidato in modo corretto e completo. Le griglie di valutazione, quest’anno fornite direttamente dal Miur, obbligano, infatti, chi corregge a tenere in debita considerazione gli aspetti analitici della prova.
La novità essenziale consiste nella sovrabbondante amplificazione del concetto di “analisi” e nella riduzione degli spazi creativi che diano all’allievo la libertà di esprimere autenticamente le proprie idee e prospettive interpretative. Si consideri, per esempio, l’analisi del testo argomentativo (tipologia B). Essa prevede una sezione guidata: partendo da richieste specifiche, lo studente dovrà svolgere una scomposizione del testo argomentativo dato in esame, dovrà riassumerlo, individuarne gli snodi argomentativi, gli argomenti a favore della tesi sostenuta da chi ha scritto il testo in questione, esaminare le scelte stilistiche dell’autore, fornendo una spiegazione in merito alla eventuale prevalenza dell’ipotassi o della paratassi, all’uso di determinati connettivi, alla funzione di precisi segni di interpunzione. Poi, nella sezione successiva della prova, l’allievo è chiamato a fornire un commento del testo analizzato, spiegando i motivi per cui condivide l’opinione dell’autore del testo argomentativo fornito dalla traccia. E certamente non potrà fare molto altro che, appunto, condividere il testo, ripeterne, cioè, con parole personali il contenuto: come potrebbe un diciottenne, del resto, confutare i giudizi e le tesi di Umberto Eco – unanimemente apprezzate – o di Bauman, un “mostro sacro” della sociologia? Quale spazio di creatività questa prova offre a un giovane? Si tratta, peraltro, di una verifica
Emerge un dato inequivocabile: il nuovo Esame vincola gli studenti e obbliga i docenti. Si tratta di condizioni che dicono molto sull’attuale stato della scuola italiana.
Va registrato un aspetto non meno inquietante: il lavoro sui testi subisce un evidente appiattimento, è ridotto a mera linguistica. All’inventiva dei giovani è lasciato poco spazio. La tipologia B, in particolare, si presenta come una prova esecutiva: i verbi ricorrenti negli esempi di tracce messi in circolazione dal Miur sul web, sono: “analizzare”, “esaminare”, “evidenziare”, “riconoscere”. Nella sezione relativa al commento sono utilizzati verbi come “esporre” e “sviluppare opinioni”. Le “opinioni” non sono propriamente riflessioni ed “esporre” non è affatto sinonimo di pensare criticamente. Riflettere è un’azione – rischiosa – non richiesta, accuratamente evitata dai burocrati del Miur, focalizzati, invece, su una serie di operazioni che rilevino esclusivamente le competenze linguistiche degli studenti. E ciò è sufficiente per il governo. Sembra che si voglia far passare un messaggio preciso: la futura classe dirigente del nostro Paese(perché nella scuola si formano oggi i politici di domani) dovrà possedere competenze tecniche, linguistiche, comunicative, orientate all’efficacia della trasmissione, della propaganda, della ripetizione del pensiero dominante, della verità al potere; è secondaria, invece, la capacità di riflettere criticamente, di sviluppare un pensiero contrastivo. La prova d’Italiano studiata per l’Esame di Stato non lo prevede o, comunque, ne riduce l’importanza riservando all’elaborazione personale uno spazio secondario. Si deduce chiaramente, infatti, dalle griglie di valutazione predisposte dal Miur, che gli elementi da prendere in considerazione ai fini valutativi riguardano gli aspetti strutturali della costruzione di un testo argomentativo, al massimo verrà apprezzata – si legge nelle tabelle predisposte dal Miur – la congruenza dei riferimenti culturali selezionati dagli studenti per sostenere l’argomentazione; non certo il loro calibro, il loro spessore, il senso e il significato dei contenuti: quindi, se a sostegno dell’argomentazione risulta “congruo” il riferimento ai testi di Fabio Volo (con tutto il rispetto per i libri di Fabio Volo!), la prova è OK.
Appare chiaro che il Miur ha inteso modificare una precisa caratteristica della scuola, attraverso il cambiamento dell’Esame di Stato: impoverire la scuola, privare gli studenti della chance di pensare, indebolire la loro inclinazione a immaginare, ridurre i giovani a semplici ripetitori di cose già dette, di sogni già sognati, di idee già formulate, di parole che altri hanno usato, di pensieri che non sono i loro.
Sartre nel suo libro Le parole, scriveva: la cultura non salva niente né nessuno, non giustifica. Ma è un prodotto dell’uomo: egli vi si proietta, vi si riconosce; questo specchio critico è il solo ad offrirgli la sua immagine. Un giovane che si specchia nella cultura del nostro tempo trova solo una voragine.
La citazione di Sartre viene usata da Massimo Recalcati in esergo al suo recente saggio A libro aperto, una riflessione sul valore formativo della lettura. Recalcati nota nel suo testo che una Scuola è buona quando è antiscolastica. Il sapere che diventa scolastico è un sapere morto.
Il “nuovo” Esame di Stato è molto scolastico.
Sartre nel suo libro Le parole, scriveva: la cultura non salva niente né nessuno, non giustifica. Ma è un prodotto dell’uomo: egli vi si proietta, vi si riconosce; questo specchio critico è il solo ad offrirgli la sua immagine. Un giovane che si specchia nella cultura del nostro tempo trova solo una voragine.
La citazione di Sartre viene usata da Massimo Recalcati in esergo al suo recente saggio A libro aperto, una riflessione sul valore formativo della lettura. Recalcati nota nel suo testo che una Scuola è buona quando è antiscolastica. Il sapere che diventa scolastico è un sapere morto.
Il “nuovo” Esame di Stato è molto scolastico.
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